venerdì 16 ottobre 2009

"Apple sta fallendo"... e altri falsi miti [parte 2: mi costi di più!]

Continua il percorso sui falsi miti da sfatare, e continua parlando ancora di prezzi, ma stavolta da un punto di vista differente. Il mito di oggi è: "Apple vende a noi italiani gli stessi prodotti USA facendoceli pagare il 50% in più". In realtà, più che un mito da sfatare, si tratta di una mezza bugia (o una mezza verità... a seconda di come la volete guardare).
Cominciamo subito col dire che i prezzi indicati sull'Apple Store italiano sono prezzi che comprendono IVA al 20% e tasse varie (sdoganamento, contributo SIAE sui dispositivi di archiviazione, contributi per lo smaltimento dei rifiuti elettronici, ...), mentre il prezzo indicato dall'Apple Store americano è un prezzo tasse escluse, visto che queste vengono calcolate diversamente in base allo stato ove risiede l'acquirente. Se si ha l'accortezza di tenere ben presente questa differenza sostanziale, si vede subito che la differenza diminuisce notevolmente. Prendiamo come esempio una macchina abbastanza standard, come l'iMac in versione base: l'iMac costa 1199 dollari (tasse escluse) sull'Apple Store americano, e 1099 euro (tasse incluse) su quello italiano; se togliamo le tasse dal prezzo italiano, e convertiamo gli euro in dollari, al cambio odierno otteniamo grossomodo 1350 dollari, ovvero una differenza di circa il 12% rispetto agli USA.
Una differenza quindi c'è, se vogliamo anche abbastanza marcata, ma non certo nei termini sbandierati da qualcuno... Senza voler a tutti i costi difendere Apple (anche perché su altri prodotti le differenze sono maggiori e ingiustificate), proviamo a cercare le motivazioni di queste differenze. La causa principale è sicuramente da ricercare nella fluttuazione del cambio euro/dollaro: se oggi siamo quasi a 1,50, un anno fa il cambio stava a 1,25/1,30, rapporto che renderebbe l'attuale prezzo italiano inferiore a quello USA. E' quindi abbastanza normale che Apple stabilisca i prezzi europei (non solo quelli italiani) con un certo margine di cautela, perché gli aggiustamenti rispetto al cambio non possono essere continui (solitamente vengono fatti all'uscita di nuovi prodotti). Altre motivazioni sono poi da ricercare, sebbene in misura molto minore, nei diversi costi tra il prodotto europeo e quello USA: quello degli Stati Uniti è il mercato maggiore, ed è contraddistinto da un prodotto unico; in Europa (che è un mercato più piccolo) ci sono costi di localizzazione che non riguardano solo la traduzione del software e dei manuali, ma sono legati anche all'hardware (per esempio ci sono tastiere diverse tra i singoli stati), e ai diversi costi per mantenere le vari filiali (il costo del lavoro europeo non è uguale a quello degli USA). Infine, ultimo ma non meno importante, non dimentichiamo che il prezzo di un prodotto è spesso dettato da come reagisce il mercato, e anche sotto questo aspetto ci sono parecchie differenze tra USA ed Europa.
Può bastare tutto questo a giustificare le differenze di prezzo? Non essendo io un esperto di economia, non sono la persona più adatta a rispondere a questa domanda. Nel mio piccolo mi limito però ad osservare che lo stesso trattamento ci viene riservato anche da molte altre aziende (la PS3-Slim è venduta a 299,99 dollari su Amazon, mentre in Italia costa 299,00 euro), sebbene non manchino i casi opposti (a supporto della tesi sulle differenze di mercato) o quelli in cui c'è più attenzione al tasso di cambio (con relativo adeguamento dei prezzi). Come ultima osservazione posso giusto contestualizzare questo mio commento ai giorni in cui sto scrivendo, ricordando che dovremmo essere prossimi alla presentazione di nuovi modelli... la speranza è che Apple, contestualmente all'evento, aggiorni anche i listini, con un occhio di attenzione agli ultimi andamenti del cambio.

Nessun commento:

Posta un commento